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Lady Cocaine. Capitolo 4

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Trovare la strada giusta non fu affatto facile, fuori città non c'erano cartelli o punti di riferimento da poter usare per orientarsi, riuscì a svoltare sull'unica strada di terra battuta che incrociò e quando ormai era convinto di aver sbagliato direzione, vide la casa di Sweety e Toyboy con le luci accese.
Gli sarebbe piaciuto telefonare prima, ma non aveva il numero dei ragazzi e sperò di non disturbare. Parcheggiò davanti all'ingresso in modo da farsi sentire e mentre scendeva dall'auto, vide un sorpreso Toyboy affacciarsi dalla finestra della cucina.
Mentre saliva le scale del portico, Sweety gli aprì la porta.
“Buonasera” gli disse.
Lui si tolse il cappello. “Buonasera, spero di non disturbarti, non avevo il numero di telefono o ti avrei chiamato”.
Toyboy apparve alle spalle di Sweety. “Ciao! Ti stavamo aspettando!”.
Mr. Motherfucker lo guardò sorpreso e Sweety gli lanciò un'occhiataccia.
“Come?” chiese.
“Non fare caso a lui, accomodati”.
Mr. Motherfucker entrò in casa, il profumo di cibo lo accolse già dall'ingresso.
“Ti fermi a cena?” gli chiese Sweety.
“Volentieri, se non è di disturbo”.
“Figurati! Qui c'è sempre cibo per tutti!” gli rispose allegro Toyboy.
Mr. Motherfucker li seguì in sala da pranzo. La cena era già in tavola. Sweety apparecchiò anche per lui, accanto a Toyboy come la domenica mattina.
Mangiarono tantissimo, dal primo al secondo con tanto di contorno, ed era tutto eccellente. Mr. Motherfucker non aveva mangiato così bene nemmeno nei ristoranti più alla moda della città. Ma il cibo di Sweety era speciale: era fatto con amore per amore. Mentre mangiavano, Toyboy scherzava con sua sorella e l'atmosfera in tavola era delle più serene. A Mr. Motherfucker serate così erano capitate raramente, con qualche amico forse, quando era più giovane e aveva ancora la speranza che tutto lo schifo che aveva attorno potesse cambiare, ma era passato così tanto tempo da essersi dimenticato la sensazione di calore che potevano dare serate come quella.
Si era completamente dimenticato del motivo per cui era lì, anche perché aveva lasciato i vestiti di Toyboy sul sedile passeggero della sua auto.
“Ti ho sistemato e lavato i tuoi vestiti, dopo cena te li restituisco” gli disse all'improvviso Sweety.
“Uh, grazie. Io ho i vestiti di Toyboy in auto”.
“Me li darai dopo. Caffè?”.
“Volentieri”.
Sweety si alzò e si accorse che Toyboy lo stava fissando.
“Tutto bene?” gli chiese.
Toyboy lo guardò sorpreso. “Oh, sì, scusami. Sono felice che tu sia qui”.
“Grazie, lo sono anch'io”.
Già, era molto contento, nessuna nottata di sesso con le sue attempate signore gli avrebbero dato lo stesso calore della cena di Sweety. Aveva trovato un angolo di paradiso nel suo fottutissimo Inferno.
Quando Sweety servì il caffè, una nota di tristezza gli avvolse il cuore, dopo cena se ne sarebbe dovuto andare, tornare alla sua vita da cane randagio e la cosa non gli faceva piacere.
Bevve il caffè pensando ad una scusa per fermarsi dopo cena quando bussarono freneticamente alla porta di casa. Rimase sorpreso, non credeva che qualcuno potesse passare da quelle parti, tanto meno a quell'ora.
“Scusatemi...” disse Sweety alzandosi.
“Aspettavate ospiti?” chiese a Toyboy.
“No, dev'essere un cliente di Sweety” gli rispose lui.
Cliente? A casa? Sentì la voce concitata di una donna nell'ingresso della casa. “Sweety, sono stanca, solo tu puoi aiutarmi...”.
“Va bene, ma andiamo nel mio studio”.
Mr. Motherfucker si voltò verso la porta che dava sul corridoio, Sweety  apparve sulla soglia.
“Puoi stare qui con Toyboy a tenergli compagnia?”.
“Certo, nessun problema”.
Rimase da solo, se voleva una scusa per rimanere, Sweety gliel'aveva appena data.
Toyboy si alzò per sgomberare il tavolo. “Sweety ne avrà per un po'”.
Mr. Motherfucker lo seguì in cucina con i piatti. “Ma esattamente Sweety cosa fa di lavoro?”.
Toyboy non gli rispose, si limitò a mettere in frigo gli avanzi.
Mr. Motherfucker era decisamente curioso. “Dai, a me puoi dirlo, non sono il genere di persona che si fa problemi di alcun genere”.
Toyboy chiuse il frigo e si voltò a guardarlo con un espressione seria sul bel volto.
“Uhmmm... Non so se faccio bene a dirtelo, a Sweety non piace che si parli del suo lavoro”.
“Ti prometto che sarò una tomba”.
Toyboy gli si avvicinò. “Sweety aiuta le persone...”.
“Le aiuta? In che senso?”.
“Beh, sa fare delle cose...”.
Mr. Motherfucker non riusciva a capire. “In che senso sa fare delle cose?”
Toyboy sembrava imbarazzato. “Beh... Se perdi qualcosa, lei riesce a ritrovarlo. Sa creare degli oggetti che aiutano la gente, per esempio, nel loro lavoro... Poi è in grado di sapere le cose prima che accadono. Insomma fa queste cose e la gente la paga per questo”.
“Mi stai dicendo che tua sorella è una sensitiva?”.
“Non ho mai sentito nessuno chiamarla così. Sweety mi ha detto che la chiamano La Strega”.
Mr. Motherfucker sorrise, di tutte le cose assurde che gli erano capitate, questa era la più incredibile. A Shroud la figura del “Sensitivo” era illegale, non si poteva giocare con le superstizioni e l'ignoranza della gente e chiedere dei soldi per quello. Anche se c'era un'intera via in città dedicata all'esoterismo, i negozi della zona vendevano solo pacchianerie e Mr. Motherfucker non aveva mai creduto in queste cose. Gli era capitata tra le mani, o meglio, tra le gambe, una mogliettina di un manager che si dedicava alla New Age, ma a letto quello che lei chiamava Tantra lui lo trovava terribilmente noioso.
E così Sweety era una specie di fattucchiera che si divertiva a spillare soldi alla gente facendogli credere di essere in grado di poterli aiutare con i suoi “doni”.
Toyboy si accorse che Mr. Motherfucker non lo prendeva sul serio. “Sto dicendo la verità! Io non sono un bugiardo, a Sweety non piace che dica le bugie!”.
“No, ti credo Toyboy, sul serio! E che mi sembra... Incredibile”.
“Sì, posso capirti, ma l'ho vista fare cose stranissime. Posso assicurarti che è vero”.
Finirono di sistemare la sala da pranzo, poi Toyboy andò in salotto seguito da Mr. Motherfucker. Si sedettero su un divano imbottito a fiori davanti ad una vecchia tv. “Sweety non vuole che guardo i programmi tv, mi lascia vedere solo i cartoni animati...” gli disse Toyboy quasi  per scusarsi.
“Se Sweety vuole così, va bene anche per me. Quanto la tengono occupati i suoi clienti di solito?”.
Toyboy accese il televisore cercando il canale con i cartoni animati. “Dipende, tutta la sera a volte. Addirittura alcuni si fermano fino a notte tarda”.
Mr. Motherfucker si guardò attorno. Il salotto di Sweety sembrava quello di una nonna, con le poltrone e il divano a fiori, i centrini su i mobili e le tendine di pizzo alle finestre. Sembrava la casa di una bambola. Una casa di bambole abitata da dei personaggi che sembravano uscire da un grottesco film horror. Lui compreso.
Guardò Toyboy assorto davanti alla tv. Aveva i capelli sciolti che gli coprivano le spalle e le braccia, e un espressione concentrata sul viso. Era molto bello, peccato solo che fosse fuori come un balcone.
Si ricordò di avere i suoi abiti in auto. “Mi sono dimenticato i tuoi vestiti in macchina, vado a prenderli”.
“Va bene. Ti aspetto qui”.
Mr. Motherfucker uscì, nel fresco della sera, avviandosi verso la sua auto. Lì fuori era tutto così tranquillo, sereno, così lontano dal caos della città in cui era abituato a vivere. Prese la roba di Toyboy e tornò in casa. Sweety era nel corridoio e stava venendo verso di lui.
“Sweety... Sono andato a prendere i vestiti di Toyboy in auto”.
“Bene, vado di sopra a prendere i tuoi”.
Mr. Motherfucker tornò in salotto e si sedette accanto a Toyboy dopo aver posato i vestiti su una delle poltrone a fiori dietro di loro. Sweety tornò poco dopo con i suoi abiti dentro un sacchetto.
“Ho provato a rammendarti un paio di tagli che avevi su i pantaloni, spero vadano bene”.
“Grazie, non dovevi disturbarti tanto”.
Mr. Motherfucker si alzò e prese il sacchetto dalle mani di Sweety che si rivolse a Toyboy: “Forza, è tardi, è ora di andare a dormire”.
“Uffa, ma abbiamo ospiti!”.
“Non voglio sentire storie, vai a dormire!”.
Toyboy si alzò contrito, spense la tv e se ne andò verso le scale. “Buonanotte Mr. Motherfucker...”
“Notte Toyboy. Forse è meglio che vada”.
“Va bene. Aspetta...”. Sweety si avvicinò ad un mobiletto nero su cui c'era un telefono fisso. Prese carta e penna da un cassettino e scarabocchiò qualcosa prima di passarlo a Mr. Motherfucker.
“Questo è il nostro numero di telefono, se hai bisogno di qualcosa, chiamaci”.
“Ok, grazie”. Si mise il biglietto in tasca chiedendosi se il suo scopo era quello di circuire anche lui come le sue clienti.
Le sorrise, gli sembrava strano però che una ragazza come lei potesse fare quel genere di lavoro. Ma ognuno era libero di guadagnarsi da vivere come voleva, compreso prendere in giro il prossimo.
“A presto Sweety” le disse prima di uscire.
Fuori lo aspettava il coro di grilli e la pallida luna. Salì in auto, posò i suoi abiti accanto a sé e guardò verso la casa.
Ora doveva trovare una nuova scusa per tornare.
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